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Sieropositività: cosa significa essere sieropositivo

Quante volte si sente il termine “Sieropositività”? Con tale termine ci si riferisce alla positività riscontrata in un test di ricerca anticorporale sul sangue, mettendo in luce una sieroconversione, ovvero il ritrovamento di un anticorpo specifico contro un determinato antigene. Nonostante questa definizione risulti universale, nel corso degli anni tale terminologia è stata etichettata dall’immaginario collettivo come la diagnosi della sieroconversione nel test per la rilevazione dell’HIV, niente poco di meno che l’agente eziologico dell’AIDS. Tra gli altri motivi per cui il termine “sieropositività” è stato abitualmente accostato alla condizione di infezione del virus HIV, in altri casi l’essere positivi corrisponde ad aver contratto la malattia stessa, mentre l’AIDS, potenzialmente, può anche infettare l’individuo, senza che quest’ultimo mostri sintomi o possa permettere una diagnosi.

 

Come ci si accorge di essere sieropositivo

 

Una volta effettuato il test HIV e diagnosticata la sieropositivtà, le fasi naturali della malattia si verificano nel seguente ordine:

 

  • Stadio 1: l’infezione acuta. Mediamente appare dopo 2/4 settimane dal contagio. I sintomi sono aspecifici e comuni a quelli delle altre malattie, addirittura si può risultare asintomatici, ma di tutte le fasi stiamo parlando di quella con la carica virale più alta.
  • Stadio 2: la fase di latenza clinica. L’infezione cronica si consolida nell’organismo. Da questo momento in poi, possono passare interi anni, seppur caratterizzati da altrettanti momenti asintomatici o di benessere. Un mancato trattamento, però, porta inevitabilmente il sistema immunitario ad indebolirsi, con relativi segni e sintomi.
  • Stadio 3: la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). In questa fase le difese immunitarie sono compromesse, visto il totale abbattimento dei linfociti T CD4+ causato dal virus HIV. L’organismo è impossibilitato dall’opporsi all’insorgere di malattie o infezioni generate da virus, batteri o funghi.

 

Contagiosità

 

L’HIV si può trasmettere attraverso liquidi biologici, nel caso una persona sia inconsapevolmente sieropositiva o non in terapia antiretrovirale efficace. I liquidi in questione sono il sangue (e i suoi derivati, lo sperma, le secrezioni vaginali e il latte materno. La trasmissione, ovviamente, avviene con tali liquidi subentranti nell’organismo dell’altra persona, possibile anche con ferite o mucose leggermente lesionate. L’intensità virale varia a seconda della fase in cui si incontra il sieropositivo: i picchi massimi, come citato prima, si hanno nelle prime settimane, mentre le possibilità sono nulle se la persona sta attraversando una terapia efficace, testimoniata dai livelli non misurabili della carica virale da almeno 6 mesi. In questi vasa, la terminologia medica utilizzata è U=U, cioè Undetectable=Untrasmittable. Riassumendo, le vie di trasmissione sono quella sessuale, ematica e verticale.

 

Le soluzioni oggi

 

Una vera e propria cura per l’HIV non esiste, ma la scienza è riuscita a fornire dei farmaci antiretrovirali (ARV) efficaci, dei quali l’obiettivo è monitorare, controllare e gestire il virus, oltre a ridurne estremamente la trasmissione. Tali farmaci sono fondamentali, soprattutto perché, così facendo, le persone sieropositive possano condurre una vita regolare, equilibrata e ugualmente produttiva.

 

 

L’importanza di un’alimentazione corretta e il sostegno delle difese immunitarie

 

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una buona dieta è uno dei mezzi più semplici per aiutare le persone con HIV e può perfino aiutare a rallentare la progressione della malattia. Proprio per questo motivo, attrezzarsi con un consulente alimentare affidabile ed esperto in materia può risultare decisivo nel percorso di terapia intrapreso. Al riguardo, il gruppo iPanacea è sempre aggiornato in materia, mettendo a disposizione informazioni, soluzioni e strumenti per affrontare il proprio percorso alimentare nel migliore dei modi. Per ulteriori informazioni, visitare https://ibenesseresalute.it/category/alimentazione/

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Epatite virale: cause, sintomi e rimedi

L’epatite è una patologia che si manifesta come infiammazione delle cellule epatiche, ovvero quelle presenti nel fegato. Nella sua forma più intensa e acuta si verifica con dei sintomi piuttosto visibili, mentre esiste anche una variante asintomatica che è più difficile da individuare senza effettuare analisi più approfondite. L’evoluzione può essere autolimitante, se l’epatite in questione ha una durata relativamente breve e ristretta, o cronica se la patologia continua nel tempo, andando via via peggiorando sempre di più. Negli ultimi anni, complice uno stile di vita differente e la scienza che in campo medico continua a fare passi avanti, lo sviluppo di questa malattia è stato molto limitato, così come anche la prevenzione è aumentata, così che è sempre più rara la diffusione dell’epatite.

 

 

Cosa è l’epatite virale?

 

L’epatite è un’infiammazione causata da virus che attaccano le cellule presenti nel fegato, e si riproducono velocemente innescando la malattia. Il processo infiammatorio generalmente dura tra le 4 e le 6 settimane, e nella maggior parte dei casi si sviluppa in modo asintomatico, rendendone anche complicata la diagnosi. Nei casi più gravi però, i virus possono cronicizzarsi, aumentando la durata della malattia anche fino a 6 mesi, con sintomi abbastanza gravi come l’ittero (colorito giallognolo della pelle), malfunzionamento del fegato, febbre e sintomi influenzali, stanchezza e inappetenza.

 

Cosa causa l’epatite virale?

 

Quando l’epatite è detta “virale” significa che appunto il virus che la scatena viene trasmesso in diversi modi tra le persone. Il virus dell’epatite, nelle zone più a rischio povertà, si può trasmettere attraverso la scarsa igiene, la contaminazione dell’acqua e degli alimenti consumati da una determinata popolazione, dal contatto con soggetti infetti (nella variante più acuta, i sintomi non appaiono prima di 7-10 giorni da quando è stato contratto il virus) e ovviamente anche tramite i fluidi corporei, quindi svolgendo attività sessuale senza protezioni. Per scongiurare il contrarre del virus, è importante ricordare soprattutto che quando si compie un viaggio in un paese straniero, specie se poco sviluppato, è opportuno effettuare il relativo vaccino e attuare tutte le precauzioni del caso.

 

Quali sono i rimedi per l’epatite virale?

 

L’epatite virale si può prevenire in vari modi, in primis attraverso le abitudini di vita salutari e regolari in relazione a quello che è l’ambiente a noi circostante. Se si ha il sospetto di essere stati a contatto con il virus, è opportuno effettuare le dovute analisi, poiché non tutte le varianti sono diagnosticabili “a occhio nudo”. L’esame da compiere è denominato “dosaggio degli anticorpi IgM”, ovvero un esame per comprendere se effettivamente il nostro corpo è entrato in funzione per combattere l’eventuale agente patogeno. La cura più diffusa per questo tipo di patologia è la sorveglianza medica e la costante idratazione del nostro corpo, efficace per mantenere tutte le funzioni vitali al massimo delle possibilità e stimolare l’organismo a combattere l’agente patogeno, oltre che permettere al fegato di svolgere le proprie funzioni nel miglior modo possibile. Ovviamente, l’ospedalizzazione deve essere accompagnata dall’utilizzo di farmaci antivirali e antibiotici, in aiuto al nostro corpo.

 

 

Come prevenire l’epatite virale?

 

Il modo più efficace per prevenire lo sviluppo e la diffusione di questa malattia è ovviamente il vaccino, specialmente per chi si reca (per lavoro o svago) in luoghi definiti “a rischio” per il contagio. In alcune nazioni, come l’Italia, la vaccinazione per l’epatite è gratuita per tutti, a testimonianza di quanto la scienza si sia messa a disposizione della popolazione per evitare la trasmissione del virus. L’igiene personale e la cura nella scelta degli alimenti che assumiamo nel corso della nostra vita è altresì importante, poiché si può evitare la trasmissione anche non consumando alimenti crudi, in particolare pesce e frutti di mare, o contaminati da agenti esterni.

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Epilessia: cosa è e come affrontarla

L’epilessia è una malattia neurologica che colpisce il cervello dei soggetti che ne soffrono. Questa si manifesta nella maggior parte dei casi tramite crisi epilettiche, le quali sono riconoscibili per leggere alterazioni dello stato di coscienza della persona, che può raggiungere nei casi più gravi anche le convulsioni fisiche. Si tratta di mancato controllo di scariche elettriche dirette ai neuroni, le quali finiscono poi per provocare appunto le crisi.

 

È bene chiarire come chi soffre di epilessia non soffra di un disturbo mentale; infatti, quando le persone epilettiche non sono in un momento nel quale vivono attacchi sono totalmente ed assolutamente normali, dal punto di vista sia psicologico che fisico. L’epilessia può assumere molte forme e manifestarsi in altrettante, così come può comparire ad ogni età, senza vincoli precisi. Risulta essere importante sapere come trattare chi ne è affetto e conoscere come affrontare una eventuale crisi. Certamente bisogna cercare di mantenere il più possibile calma e tranquillità, sia in sé stessi che nella persona epilettica. Bisognerà poi accertarsi che questa non posso arrecare danni a sé o ad altri, mettendola così dunque in sicurezza e adeguatamente allontanata da eventuali pericoli nel momento della crisi. Nonostante nella maggioranza dei casi le crisi si risolvano senza particolari conseguenze, è sempre buona premura avvertire un servizio medico o contattare il prima possibile il 118. Al fine di fornire maggior supporto alle autorità competenti, potrebbe risultare utile annotarsi orario di inizio e fine della crisi in atto.

 

Cosa è L’epilessia?

Come detto in precedenza, l’epilessia è una particolare malattia neurologica che affligge il nostro cervello e, per via di una predisposizione dello stesso, porta a persistenti crisi epilettiche nella persona. Queste possono capitare una volta nell’arco di una vita intera, o ripetersi saltuariamente in particolari circostante specifiche, ma questo non vuol dire che una persona soffra di epilessia. Si può infatti dire che il sintomo principale di questa malattia si manifesti con le citate crisi epilettiche. I neuroni della persona affetta ricevono una scarica elettrica anomala, semplicemente non controllata, la quale provoca la crisi nei pressi delle cellule nervose del cervello. Le crisi si manifestano con alterazioni momentanee dello stato di precedente coscienza del soggetto, salvo spingersi, nei casi più gravi, sino a provocare nel corpo movimenti non controllati, sino a spingersi eventualmente alle convulsioni.

 

Quali sono i sintomi dell’epilessia?

L’epilessia come detto è causata da una attività anomala a livello di cellule cerebrali, le quali in certi casi non controllano determinate scariche elettriche ricevute. Spesso così, i sintomi dell’epilessia risultano essere:

  • Perdita di coscienza
  • Perdita di consapevolezza
  • Momentaneo stato di confusione
  • Movimenti involontari di arti superiori ed inferiori (sino a culminare con le convulsioni)
  • Estraniarsi psicologicamente da un certo contesto
  • Presentarsi di deja-vu

Va sottolineato come questi siano solamente sintomi generici di stati di epilessia, e come i sintomi possano in realtà differire a seconda della tipologia di crisi epilettica che va verificandosi. Esistono infatti due macro-tipologie di crisi epilettiche: convulsioni focali e convulsioni generalizzate.

Queste ultime si dividono fino a sei sottocategorie:

  • Crisi di assenza
  • Convulsioni toniche: provocanti irrigidimento dei muscoli
  • Convulsioni atone: provocanti perdita del controllo dei muscoli
  • Contrazioni cloniche: interessano collo, braccia o viso
  • Crisi miocloniche: scosse a livello di arti inferiori e superiori
  • Crisi tonico-cloniche

Quanto invece alle convulsioni focali, queste si dividono in due sole sottocategorie quali semplici e complesse. Le seconde in particolare sono solite portare, nella maggior parte dei casi, ad una perdita di coscienza, a differenza delle prime. Rientrano nelle convulsioni focali tutte le manifestazioni sensoriali, sensitive e/o motorie. Nelle crisi focali più gravi si può perdere coscienza sino ad un ammontare di tempo pari a circa 10 minuti, nel corso del quale il soggetto può non rispondere a normali stimoli esterni e rendersi protagonista di movimenti ripetuti e ritmati quali sfregamenti, masticazione o camminare in cerchio compulsivamente.

 

Quali sono le cause dell’epilessia?

Parlando di epilessia e cause legate allo scatenarsi della stessa, va detto come in buona parte dei casi riportanti questa patologia, le ragioni che danno origine al problema non sono totalmente note. In altri casi invece, il nascere dell’epilessia può essere invece fatto risalire a:

  • Verificarsi di gravi traumi cranici
  • Condizioni cerebrali patologiche: tumori al cervello o ictus
  • Patologie infettive: aids, encefalite virale, meningite ecc.
  • Lesioni antecedenti alla nascita: malnutrizione, mancanza di corretta affluenza di ossigeno, infezioni della madre
  • Problemi legati allo sviluppo: presenza di neurofibromatosi e/o patologie legate allo spettro dell’autismo
  • Fattori congeniti: epilessia trasmessa geneticamente
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Rhodiola Rosea: cos’è e a cosa serve?

La Rhodiola Rosea è una pianta più comunemente nota come Golden root, o radice d’oro in italiano, facente parte della più ampia famiglia delle Rosaceae. Questa cresce nel Nord America (nelle zone di Alaska, catene montuose negli Stati Uniti e Canada), Nord Europa e in Asia, solitamente in Mongolia ed in Siberia, in zone montuose e ad altitudini piuttosto elevate. La pianta della Rhodiola Rosea è riconoscibile per via di una base legnosa che va ramificandosi in diverse foglie che lasciano capire la propria provenienza.

Infatti, quelle a forma prevalentemente allungate provengono da zone meridionali mentre, in via più generale, sono presenti foglie dentate con fiori di colori che variano da tonalità vicine al giallo ed il verde sino al rosso o rosa. Quanto ai frutti, questi sono di dimensioni piuttosto contenute non avvicinandosi nemmeno al centimetro di grandezza e sono soliti essere di un colore scuro, vicino al marrone.

Le Proprietà

Le varie potenti e funzionali proprietà della Rhodiola Rosea sono riconducibili ai principi attivi in essa contenuti. Nella pianta sono infatti presenti polifenoli, flavonoidi, acidi organici, tannini e glucosidi (tra i quali il più rilevante risulta essere il salidrosalide, composto più attivo). Assumere queste sostanze accelera e favorisce la produzione di dopamina, serotonina ed adrenalina da parte del proprio organismo, potenziando peraltro anche diverse doti intellettive, funzioni legate al metabolismo e svolgendo importanti funzioni con effetti antidepressivi.

Per meglio inquadrare la Rhodiola Rosea la si può accostare a piante come il Ginseng, in quanto è utile a stimolare il fisico in situazioni di stress, sia questo di genere fisico o mentale, risultando piuttosto importante per adattare l’organismo a diverse situazioni e favorire così una migliore e più accurata gestione delle energie a disposizione. Così facendo si sprigionano le proprietà atte a stimolare le difese immunitarie, fornendo importanti apporti energetici al copro e combattendo così la stanchezza di esso.

Generalmente si può dunque dire che la Rhodiola Rosea annoveri tra le sue proprietà quelle di antistress, antidepressivo ed ansiolitico, oltre a contrastare stanchezza ed insonnia e potenziare le funzioni cognitive dell’organismo.

Gli usi della Rhodiola Rosea

Gli utilizzi della Rhodiola Rosea sono spesso riconducibili in ambiti vicini alla fitoterapia in quanto droga adattogena, per via delle già citate funzioni riconducibili a quelle del ginseng e dell’eleuterococco. In base ai principi attivi presenti nei vari estratti di Rhodiola si può ricavare la più corretta dose giornaliera da assumere. Riguardo questo tema sono stati svolti diversi studi approfonditi, i quali hanno individuato in dosi tra i 100 ed i 170 milligrammi giornalieri la dose più consona.

È stato spiegato come basandosi sulla struttura esterna della pianta sia possibile risalire alla sua provenienza, analizzando dunque forma e colori di foglie e frutti. Per le piante provenienti dal Nord dell’Asia, ad esempio, si è notato come viga particolare concentrazione di rosavina e rosina, mentre invece in piante derivanti da zone più vicine all’India la concentrazione di alcol feniletilico sia più alta. Ciò lascia intendere come il consumo debba essere soppesato anche in base alla provenienza delle piante stesse.

Oltre ai concentrati ed agli estratti di Rhodiola, questa può essere assunta anche come alimento. Solitamente infatti foglie e frutti sono consumabili cotti, o crudi, abbinandoli come si è soliti fare con gli spinaci, salvo in alcuni casi essere utilizzabili anche in piatti come insalate miste.

L’ambito tricologico ed il recupero funzionale

Tra le varie funzioni ed utilizzi possibili riguardanti la Rhodiola Rosea troviamo anche quelli riguardanti tricologia ed il recupero funzionale. Nel primo caso, trattando di un ambito legato a cute e capelli, una accurata assunzione di Rhodiola può portare benefici per quanto concerne la crescita naturale del capello e contrastarne la caduta. La pianta va infatti ad agire su fino a sedici diversi bersagli biologici coinvolti direttamente nel ciclo di vita del capello, aiutando così a combattere diverse problematiche legate ad esso.

Per quanto riguarda il recupero funzionale invece, la Rhodiola viene spesso utilizzata anche in ambito sportivo. Questa contribuisce infatti alla produzione di ATP (adenosina trifosfato) all’interno dei mitocondri. Considerando che una maggior concentrazione di ATP nell’organismo conferisce maggiore energia allo stesso, si può dire che la Rhodiola sia utile per aumentare l’energia a nostra disposizione, favorendo così il recupero dopo intense attività di esercizio fisico. In ambito sportivo infatti, alcuni studi suggeriscono come l’utilizzo della Rhodiola favorisca il recupero dopo sessioni di sport, essendo infatti utilizzata da vari atleti in diverse categorie sportive, tra le quali il bodybuilding.

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Piante medicinali ed erboristeria

Le piante medicinali, o piante officinali, sono erbe che tra le loro caratteristiche presentano dei principi attivi in grado di curare o migliorare la situazione di salute della persona. Secondo alcuni studi, queste erbe non possono sostituirsi totalmente ai trattamenti medici tradizionali, ma se integrate anche con un’alimentazione sana e delle abitudini consone, possono aiutare il nostro corpo a funzionare al meglio. Esistono due modi per utilizzare le piante medicinali: il metodo tradizionale e la fitoterapia. Attraverso il metodo tradizionale, l’uomo non riesce ad estrarre direttamente il principio attivo della pianta, ma la utilizza in maniera grossolana cercando di trarne più benefici possibili. Con la fitoterapia invece, l’uomo è in grado attraverso la scienza e dei trattamenti di estrarre il cuore della pianta, che contiene il principio attivo, e sfruttarlo al 100% per l’uso terapeutico.

 

Erboristeria e gestione dello stress

 

Tra le tante patologie di cui l’uomo soffre ormai da anni, lo stress è considerato da molti il “male del secolo”. Un malessere che spesso e volentieri è difficile da decifrare e da diagnosticare, e che causa problemi a ognuno di noi giornalmente. Nel corso della storia dell’uomo, anche se non si conosceva a fondo lo stress, si è sempre usata l’arte dell’erboristeria per avere effetti benefici in relazione a questa patologia. L’utilizzo delle piante medicinali, anziché della medicina tradizionale, è importante in questo caso perché evita l’assunzione di medicine che spesso possono dare dipendenza e assuefazione. Tra le piante più usate per la gestione dello stress in maniera naturale, le più conosciute sono senza dubbio la Passiflora e la Valeriana, entrambe erbe che rientrano nella famiglia dei “calmanti” naturali e che spesso vengono utilizzati anche in giovane età da studenti o lavoratori stressati. Anche la Rodiola, la Griffonia e l’Avena agiscono come tranquillanti naturali e danno modo a chi ne fa utilizzo di gestire la propria situazione di stress senza abusare di medicinali che possono a volte aumentare i problemi invece che diminuirli. In questo modo, attraverso anche l’integrazione di un’alimentazione adatta al nostro corpo, possiamo combattere facilmente questo disagio.

 

L’importanza dell’assunzione di magnesio e taurina

 

Esistono degli agenti nel nostro organismo, senza i quali il nostro corpo non riuscirebbe a combattere le situazioni di stress in maniera efficace. Si parla in particolare di Magnesio e Taurina, che unite insieme riescono a contrastare le reazioni eccessive dell’organismo esposto a lungo a situazioni di stress. Il Magnesio gioca un ruolo fondamentale nell’uomo, poiché aiuta a diminuire la sensazione di stanchezza e aumenta la produzione di energia nelle situazioni in cui lo stress ha avuto la meglio. Scientificamente parlando, quando il nostro corpo è sottoposto ad agitazione, viene rilasciata l’adrenalina, un enzima che nell’immediato dà la sensazione di renderci invincibili, ma che a lungo andare contribuisce all’eliminazione del Magnesio dal nostro organismo. Tra i paesi più industrializzati è molto diffusa la mancanza di Magnesio, a causa di un’alimentazione sbagliata che si è venuta a creare nel corso degli anni, per questo è importante assumerlo in maniera naturale, per riequilibrare tutto il funzionamento del nostro organismo.

 

Un altro elemento fondamentale per il nostro corpo è la Taurina. Un enzima capace di aumentare le prestazioni fisiche e mentali quando ci si trova sotto pressione e sotto stress in qualsiasi situazione. Infatti, tantissimi atleti professionisti utilizzano integratori o bevande che contengono Taurina proprio per migliorare anche nell’immediato, quando devono svolgere attività fisica. Inoltre, risulta molto importante assumerla, per via delle sue proprietà antiossidanti, che proteggono le cellule dai danni procurati proprio dallo stress ossidativo. L’importante, come per ogni cosa, è ricordare che è sconsigliato assumere la Taurina in quantità eccessive, soprattutto in gravidanza o in fase di allattamento, per non incorrere in problemi nel nostro organismo.

 

Seremind di Ipanacea

 

Un aiuto concreto per l’assunzione di queste due sostanze in modo sicuro, ci arriva direttamente da Ipanacea, una società che propone beni e servizi per il benessere e la salute fisica e mentale della persona. Troviamo infatti “Seremind”, un integratore alimentare a base di Magnesio e Taurina, che consente al nostro organismo di assumerle in quantità e dosi adeguate al nostro organismo. Per ulteriori informazioni su questo prodotto, visita il seguente link: https://ibenesseresalute.it/product/seremind-2/

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Cosa sono le piante officinali?

Le piante officinali, chiamate anche erbe medicinali o erbe mediche, sono delle piante che presentano delle proprietà specifiche o dei principi attivi in grado di donare benefici in termini di salute a chi ne fa utilizzo.

 

Nello specifico, le piante officinali sono quelle piante che possono essere lavorate in “officina” e quindi raffinate per aumentare l’effetto dei principi attivi. Le sostanze attive in questo tipo di erbe possono trovarsi in diverse parti, dalla corteccia, alle foglie, fino alle gemme e i fiori, e possono essere utilizzate per impacchi, infusi o anche creme naturali da applicare direttamente sul corpo.

 

Quali sono le piante officinali più richieste?

 

Nel mercato odierno, sono diversi gli usi che le persone fanno delle piante officinali, motivo per cui la loro richiesta è esponenzialmente aumentata negli ultimi anni. Tra le erbe medicinali più richieste, troviamo senza dubbio l’anice, il cumino e il finocchio, utilizzate spesso insieme in infusi o tisane specialmente dalle donne in fase di allattamento.

 

I fiori di tiglio e il sambuco sono invece utilizzati per prevenire raffreddori o malanni stagionali, mentre l’arnica è molto comune tra chi vuole curare infiammazioni di vario genere, oltre ai grandi classici camomilla e valeriana, calmanti naturali per le persone più stressate.

 

Il mercato delle piante officinali negli ultimi anni ha subito un aumento incredibile, tanto che per alcuni produttori coltivatori è diventato un vero business.

 

Quali sono le piante officinali che aiutano l’apparato digerente?

 

Per evitare l’utilizzo di medicinali per lo stomaco o l’intestino, che spesso e volentieri possono solo aggravare una situazione già compromessa dell’apparato digerente, molte persone ricorrono all’utilizzo delle piante officinali per risolvere questi problemi in maniera del tutto naturale.

 

Questa tipologia di erbe, è detta “carminativa”, e ha la funzione appunto di combattere il gonfiore, la sensazione di peso e anche i bruciori di stomaco, magari in seguito ad un pranzo troppo pesante o a un’alimentazione sbagliata. Tra le varie opzioni più utilizzate troviamo l’anice, il cumino, il finocchio, il coriandolo, l’aneto, la menta e la salvia.

 

Queste piante in particolare riescono ad ostacolare l’azione putrefattiva dell’intestino grazie ai loro oli essenziali e principi attivi. Non è un caso, infatti, che anche molti liquori, spesso assunti dopo i pasti abbondanti, presentino tra i loro ingredienti alcune di queste erbe, come ad esempio la Genziana o anche il Mirto, tra i più diffusi sulle tavole degli italiani.

 

L’abitudine di assumere tisane o digestivi naturali giornalmente può aiutare a riequilibrare l’assetto del nostro apparato digerente, e agevolare i processi di digestione.

 

Le proprietà delle piante officinali che aiutano l’intestino

 

I problemi più comuni che il nostro intestino può subire nel corso della nostra vita sono da ricercare soprattutto nelle abitudini sbagliate nella vita di tutti i giorni. Su tutti, la stitichezza e la diarrea sono le più comuni, e risolvere questi problemi in maniera naturale appare comunque la soluzione migliore. Infatti esistono molte piante officinali in grado di prevenire o curare questi disturbi, grazie ai propri oli essenziali e principi attivi.

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Coenzima CoQ 10

Che cos’è il Coenzima Q10?

Il Coenzima Q10, noto anche come ubidecarenone, è una molecola di natura lipidica che si trova nei mitocondri, organelli intracellulari presenti in tutto il corpo con la funzione essenziale di centrali energetiche nelle nostre cellule. È presenti, quindi, in tutti gli organi e tessuti umani, e proprio per questo viene chiamato anche ubichinone, ma varia a seconda del distretto corporeo e dell’età: la concentrazione maggiore di Coenzima Q10 si trova nel cuore e, poi, nei reni, nel fegato, nei muscoli, nel pancreas, nella tiroide e nella milza che, essendo più attivi, hanno bisogno di una maggiore produzione di energia.

La concentrazione di questa molecola diminuisce con l’aumentare dell’età, determinando un calo dell’efficienza energetica, oppure in presenza di malattie cardiache, diabete, cancro o patologie come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e la SLA. Essendo un potente antiossidante, il Coenzima Q10 viene sempre più utilizzato come integratore date le sue numerose proprietà.

A cosa serve il Coenzima Q10?

Essendo coinvolto in reazioni che portano alla produzione di energia, il Coenzima Q10 è fondamentale per garantire il corretto funzionamento di molti organi e per lo svolgimento di numerose reazioni chimiche che si sviluppano all’interno dell’organismo. Svolge un ruolo importante, ovvero quello di antiossidante naturale in grado di neutralizzare i radicali liberi, proteggendo in particolare organi come la pelle ed il fegato.

Il Coenzima Q10 è necessario per l’attivazione del metabolismo, migliorando le prestazioni fisiche ed intellettive, diminuendo la fatica. Tra i suoi compiti ci sono anche quelli di mantenere il cuore in salute, proteggere il cervello e stimolare la produzione di sostanze che permettono di migliorare il tono dell’umore. Il Coenzima Q10 è anche in grado di mantenere sotto controllo la pressione sanguigna, di diminuire il livello di colesterolo nel sangue e ridurre l’incidenza dei tumori. Quindi, il Coenzima Q10 ha un ruolo importante di contrasto alle conseguenze di alcune malattie, come ad esempio il cancro, e di protezione da patologie neurodegenerative.

Proprietà ed effetti benefici del Coenzima Q10

Come detto in precedenza, il Coenzima Q10 è concentrato maggiormente nel cuore, tra gli organi più attivi e di conseguenza con un bisogno maggiore di produzione di energia. Per questo motivo, l’integrazione alimentare di ubichinone potrebbe migliorare l’efficienza della catena di trasporto degli elettroni, aumentando il tal modo l’energia a disposizione per l’attività cardiaca, in particolare quando sono presenti delle patologie.

Lo stesso discorso può essere fatto anche per le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e la SLA: l’integrazione del Coenzima Q10 potrebbe aiutare a bloccare i meccanismi biologici nello sviluppo e nella progressione della patologia, agendo come strumento di intervento e prevenzione complementare alle terapie farmacologiche. Infine, il Coenzima Q10 potrebbe fare al caso anche di numerosi sportivi, aiutando a migliorare la prestazione atletica: infatti, la sua azione è quella di ridurre la sensazione di fatica, oltre a limitare il rischio di infortuni.

Un prodotto nuovo da Ipanacea: il MitoQore

Negli ultimi anni il Coenzima Q10 ha assunto importantissimo ruolo nel mondo dell’integrazione nutrizionale, grazie al suo potentissimo ruolo antiossidante che risulta essere efficace nel controllo del livello del colesterolo nel sangue. Ipanacea ha messo a disposizione un prodotto nuovo che consente di integrare Coenzima Q10 e che prende il nome di MitoQore, e lo si può acquistare sul sito https://ibenesseresalute.it/product/mitoqore/. MitoQore è un integratore che aiuta la stimolazione della produzione di energia cellulare, quindi il trasporto di elettroni e sintesi di ATP e la stimolazione della produzione di nuovi mitocondri. Agendo come antiossidante, sostiene la sintesi di Glutathione ed il metabolismo cellulare. Infine, essendo il Coenzima Q10 fondamentale per l’attività cardiaca, il MitoQore favorisce la protezione del danno vascolare.

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Cos’è la vitamina B12 e quando il corpo ne ha bisogno?

Il corpo umano, esattamente come quello di numerosi esseri viventi, ha bisogno di diverse vitamine per stare in salute. Tra queste, una delle più importanti è la vitamina B12, la quale deve essere costantemente assunta per evitare spiacevoli problemi come nella scarsa produzione di globuli rossi e nella formazione del midollo osseo.

Cos’è la vitamina B12?

La vitamina B12, anche chiamata cobalamina, fa parte del gruppo di vitamine idrosolubili, ovvero diluibili in acqua, che non possono essere accumulate dal nostro organismo, ma che devono essere assunte in maniera costante attraverso l’alimentazione. Questa particolare vitamina, inoltre, non subisce variazioni di calore.

I benefici della vitamina B12

Come detto prima in maniera superficiale, la vitamina B12 ricopre un ruolo fondamentale nella produzione dei globuli rossi e nella formazione del midollo osseo. Questa è anche coinvolta nel metabolismo degli amminoacidi, degli acidi grassi e negli acidi nucleici, coadiuvando la sintesi del DNA e dell’RNA. Tutta questa serie di motivi sono abbastanza esemplari di quanto la vitamina B12 sia necessaria per il nostro organismo. È inoltre particolarmente importante l’assunzione di alimenti che ne contegno da parte di donne in gravidanza, in modo da fornire abbastanza vitamina B12 anche al feto.

Quando abbiamo carenze di vitamina B12?

A dire il vero, è difficile riscontrare carenze di vitamina B12 in un essere umano. Tuttavia, i casi che maggiormente potrebbero verificare un’insufficienza di cobalamina sono le persone che seguono una dieta vegetariana particolarmente stretta o chi ha dei problemi intestinali per quanto riguarda il meccanismo di assorbimento. La prima causa è dovuta al fatto che non esistono piante o vegetali in grado di soddisfare il fabbisogno di vitamina B12 di un essere umano, che si attesta intorno ai 2-2,4 mcg o a quasi il doppio per quanto riguarda le donne in gravidanza, in modo da fornire al feto il giusto quantitativo di cobalamina.

 

Chi, comunque, segue una dieta vegetariana in modo ferreo, al giorno d’oggi ha l’opportunità di integrare la vitamina B12 proprio per mezzo di integratori specifici, facendo sì che non si manifestino particolari carenze che potrebbero poi causare dei problemi all’organismo.

 

Le cause di carenza di vitamina B12 sono disturbi del sistema nervoso e una sorta di anemia definita “perniciosa”. Tutto ciò deriva proprio da una cattiva produzione di cellule del sangue, di cui abbiamo visto la vitamina B12 è fortemente responsabile. Inoltre, è importante che le donne in gravidanza mantengano buono il proprio livello di vitamina B12, in modo da evitare conseguenze dannose sul nascituro. La carenza di vitamina B12 viene attestata in seguito ad un’analisi del sangue, dove si possono riscontrare quindi tutti i valori che riguardano la cobalamina.

Gli alimenti ricchi di vitamina B12

Come detto poc’anzi, piante e vegetali non contengono vitamina B12. Alcune alghe, il lievito di birra e alcuni cibi di origine orientale come il tempeh ne contengono quantità minime, inutili dato che non sono assimilabili dall’organismo umano. La cobalamina è maggiormente presente in tutti gli alimenti di origine animale come carne, pesce, latte, uova e nel fegato. Tuttavia, solamente una percentuale viene assorbita dal corpo umano: circa il 60% in caso di carne e latte; circa il 30% in caso di pesce; meno del 10% nel caso delle uova. Almeno un terzo del totale viene perso per via della cottura.

 

Per questo motivo è utile seguire una dieta varia, composta sì da verdure, ma anche da altri cibi. Ricordiamo però che anche l’eccesso di vitamina B12 può portare dei problemi, riguardanti soprattutto i reni e accelerando il battito cardiaco. È bene dunque non abusare di questi cibi sopracitati.

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Cos’è la Clorofilla e a cosa serve?

Una delle sostanze più comuni del mondo vegetale è la clorofilla: un pigmento di colore verde presente nelle piante che svolge un ruolo fondamentale nella fotosintesi, ossia il processo biochimico grazie al quale le piante si procurano nutrimento, tramite la trasformazione dell’anidride carbonica presente nell’aria in zuccheri e carboidrati.

 
Inoltre, in questo procedimento viene emesso ossigeno, fondamentale per la sopravvivenza degli esseri viventi. La clorofilla, però, oltre ad essere necessaria per il ciclo vitale dell’uomo, presenta anche alcune importanti proprietà che danno benefici al nostro organismo; andiamo a scoprirle nel dettaglio.

Quali Benefici porta la Clorofilla?

La clorofilla, oltre ad essere essenziale nella produzione di ossigeno, comporta alcuni benefici per l’uomo. Innanzitutto, la struttura della sua molecola è simile a quella dell’emoglobina, essendo costituita da quattro anelli pirrolici, con la sola differenza che l’atomo centrale è il magnesio e non il ferro. Questa analogia le permette di avere proprietà antianemiche e di rimarginazione delle ferite, così come di purificazione del sangue. Inoltre, i benefici della clorofilla riguardano anche l’intestino, dal momento che aiuta a riequilibrare la flora batterica, oltre che il metabolismo, visto che permette di ridurre sensibilmente l’accumulo di peso.

Le sue molteplici caratteristiche sono state approfondite soprattutto negli ultimi anni e sono state rivelate anche le sue proprietà antiossidanti, che le permettono di essere un’importante alleata contro le sostanze cancerogene come le aflatossine; una scoperta notevole che rende la clorofilla un’alleata dell’uomo nella prevenzione contro i tumori, soprattutto verso quelli che interessano colon e fegato. Insomma, i benefici della clorofilla per il nostro organismo sono molteplici e si tratta di una sostanza che può contribuire in maniera rilevante alla salute e al benessere.

Dove si trova la Clorofilla

Come spiegato in precedenza, la clorofilla è il pigmento naturale che dona il colore verde alle foglie delle piante e, per questo motivo, ne sono ricche le verdure, soprattutto quelle a foglia larga. L’alimento a contenerne di più è il prezzemolo, con circa 170 mg ogni 100 grammi, seguito da spinaci, lattuga, rape, cicoria e rucola. In ogni caso, anche alimenti come i broccoli, i piselli, i peperoni verdi, i cetrioli e gli asparagi sono tra quelli che ne hanno un quantitativo maggiore. P

Per aumentare, quindi, il consumo di clorofilla bisogna virare principalmente sulle verdure, ma anche l’alga spirulina, la moringa e, soprattutto, l’olio di oliva sono cibi con un elevato contenuto di essa. Inoltre, spesso viene impiegata in cucina sfruttando le sue proprietà di colorante in alimenti come la pasta fresca o il pane. Considerando tutti i benefici che il consumo di clorofilla porta al nostro organismo, poi, sono stati creati alcuni integratori alimentari, anche se la maggior parte sono a base di clorofillina: un suo derivato che, a differenza sua, è solubile in acqua.

Da Ipanacea “Sirafilla”

Come abbiamo potuto constatare, se si assume una giusta quantità di clorofilla regolarmente, si possono trarre benefici enormi per il proprio organismo, soprattutto per quanto riguarda la protezione verso le sostanze cancerogene. Per questo motivo, Ipanacea, società che propone prodotti volti alla salute della persona, ha creato SiRaFilla, un estratto che non solo contiene clorofilla, ma, insieme ad essa, sono presenti anche altre due sostanze molto importanti per il benessere: il Rame e la Silice Organica.

Il Rame, oltre ad essere un elemento importante all’interno nostro organismo, visto che è presente in tutti i tessuti organici, oltre che nei processi di cicatrizzazione, nella sintesi dell’emoglobina e nella produzione di collagene e melanina, ha anche modo di potenziare il potere della clorofilla, comportandosi da veicolante rispetto ad essa e favorendone il trasporto.

Per questo motivo, la SiRaFilla aiuta il corpo a svolgere al meglio le proprie funzioni soprattutto in presenza di situazioni critiche come possono essere le malattie autoimmuni, i tumori, i problemi gastro-intestinali o i problemi circolatori. La Silice Organica, invece, è una sostanza presente soprattutto nei tessuti, nelle ghiandole endocrine, nelle cartilagini, nel fegato e nelle pareti vascolari ed è essenziale per ristrutturare le fibre di elastina e collagene, per rigenerare le cellule e per il metabolismo.

Quando si nasce si possiede una quantità di essa tale da permettere una corretta crescita e difesa dell’organismo, ma col passare del tempo essa va a diminuire e non è possibile assimilarla dal silicio minerale, privo di carbonio, in quanto il nostro organismo non è in grado di convertirlo. Alla luce di questo, l’assunzione di SiRaFilla, e quindi di Silice Organica, comporta parecchi benefici come il rafforzamento delle difese immunitarie e una migliore cicatrizzazione ed è indicata per chi soffre sia di disturbi lievi come l’acne o la stanchezza, sia di patologie come il cancro, l’Alzheimer o problemi cardiovascolari.

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Malattie Cardiache: quali sono le maggiori cause

Se si ricerca la prima causa di morte a livello planetario, il 32% di decessi in tutto il mondo viene attribuito alle malattie cardiache. Questo dato chiarisce già la delicatezza ed il peso che tali malattie comportano nella società d’oggi, dove 471 milioni di persone vengono colpite, con una previsione di 24 milioni di decessi annuali entro il 2030. Ma quali sono le cause delle malattie cardiache? Scopriamo nel dettaglio le quattro principali: vita sedentaria, alimentazione scorretta, il mancato controllo del peso e il fumo. Per quanto riguarda la vita sedentaria, il discorso è molto semplice: la completa assenza di movimento durante il giorno è assolutamente nociva per il cuore. L’avvento dello smart working ha aumentato enormemente la possibilità di fare tutto da casa, eliminando anche una semplice camminata dalla propria abitazione al nostro posto di lavoro. Questo aspetto, fortunatamente, si può risolvere con piccoli accorgimenti quotidiani, tipo 15/20 minuti di attività aerobica.

Passiamo all’alimentazione: l’essere umano è letteralmente ciò che mangia, motivo per cui i cibi spazzatura danneggiano enormemente il sistema cardiovascolare. La diffusione impressionante dei fast food nel mondo ha sconvolto le nostre abitudini alimentari: la comodità ha preso il posto della consapevolezza, trascinando diverse persone in un vortice di vizi gastronomici. Le pietanze stracolme di colesterolo, componente delicatissimo presente nel nostro sangue, vanno contrastate in ogni modo, introducendo pesce, frutta, verdura e carne bianca. Le ultime due cause, come già citato prima, sono il mancato controllo del peso e il fumo: il primo va sempre monitorato, poiché è consigliabile avere un IMC (Indice Massa Corporea) tra 20 e 25. Riguardo il fumare, sia attivamente che passivamente, è bene ricordare i potenziali danni: aumenta la pressione arteriosa, accelera l’aterosclerosi, aumenta il rischio di infarto e ictus.

Quali sono le malattie cardiache più comuni?

Come precisato precedentemente, le malattie cardiache sono responsabili del 32% di decessi in tutto il mondo. Scopriamo quali sono più diffuse:


* aterosclerosi
* coronaropatia
* cardiopatia ischemica
* ictus
* angina pectoris
* aneurisma aortico
* insufficienza cardiaca
* cardiopatia ischemica cronica
* cardiopatia ischemica ipertensivo

Quali sono le cause delle malattie cardiache?

Oltre la sedentarietà, la cattiva alimentazione, il mancato controllo del peso e il fumare, l’altra causa più diffusa per quanto riguarda le malattie cardiache è l’ipertensione arteriosa. Tale fenomeno si manifesta con l’aumento della pressione del sangue nelle arterie, così che il cuore debba lavorare di più. Tra un battito e l’altro, le due misure di riferimento per valutare la pressione arteriosa sono la sistolica (termine riguardante la contrazione del muscolo cardiaco) e la diastolica (termine riguardante la distensione del muscolo cardiaco).

Come contrastare, quindi, le malattie cardiache in maniera sicura ed immediata? Una delle soluzioni più innovative ed efficaci è senza alcun dubbio MitoQore, l’integratore alimentare adatto al combattere proprio le malattie cardiache.

MitoQore è utile per l’energia cellulare e la rigenerazione di nuovi mitocondri; contrasta i danni indotti dal diabete come antiossidante e antiglicante; protegge il DNA e contrasta l’invecchiamento prodotto dall’infiammazione. Ciò che rende unico questo integratore contenente CoQ10 e PQQ è la diffusione di tali enzimi, fondamentali per lavorare sullo squilibrio energetico mitocondriale. Uno dei padri della ricerca sul CoQ10, il dottor Svend A. Mortensen, promosse uno studio internazionale condotto tra il 2003 e il 2010 in 17 centri cardiologici di Europa, Asia e Australia in cui il CoQ10 era somministrato 3 volte il giorno per aumentare l’assorbimento intestinale. Nel 2014 Mortensen riuscì a dimostrare in modo inequivocabile che l’aggiunta ai farmaci di CoQ10 riduce la mortalità e i ricoveri ospedalieri per scompenso cardiaco grave. Per ulteriori informazioni fare riferimento a: https://www.mitoqore.it